Questa storia inizia dove il pubblico che affolla le sale delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli non può accedere. Questo racconto fotografico svela l’inaspettato che si rivela sotto i tetti dell’istituzione museale napoletana.
Una porta in ferro, arrugginita e ricoperta da diversi strati di colore, funge da Colonne d’Ercole nel lavoro di Luigi Spina. Una volta aperta ci si affaccia su un corridoio lungo e stretto: gli occhi devono adattarsi alla luce. Ci troviamo in quello che da sempre viene chiamato Sing Sing: celle chiuse da grate che custodiscono memoria dei documenti di cultura materiale provenienti da Pompei ed Ercolano.
Oggetti in bronzo, vetro, ceramica e terracotta riempiono tali stanze richiamando alla mente la catastrofica eruzione del 79 d.C. che spezzò improvvisamente la quotidianità di quei luoghi. Sulle mensole si affastellano candelabri, decorazioni e maniglie, statue, vasellame, lucerne… fino a giungere a del pane carbonizzato. Il tutto diventa testimonianza ancora viva e carica di significato di quell’olocausto naturale, dove l’intervento del Dio Vulcano comportò una tragedia senza precedenti.
Le fotografie di Luigi Spina ci conducono a scoprire le celle, il loro contenuto, i capolavori celati agli occhi del grande pubblico. Un tavolo coperto da un lenzuolo bianco accoglie, in sequenza, oggetti provenienti dalle case di donne e uomini che l’antichità non hanno potuto viverla appieno.
Luigi Spina, fotografo. I suoi progetti fotografici sono incentrati sugli anfiteatri e il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, la ricerca di antiche identità culturali, il confronto fisico con la scultura classica. Con 5 Continents Editions ha pubblicato The Buchner Boxes (2014), Hemba (2017) e Diario Mitico (2017). Con la stessa casa editrice e Valeria Sampaolo ha creato la collana «Oggetti rari e preziosi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli» che vanta i seguenti titoli: Memorie del Vaso blu (2016), Amazzonomachia, Centauri (2017), Sette sapienti, Zefiro e Clori e Satiro Ebbro (2018). Con il volume Tazza Farnese ha inoltre inaugurato la serie «Tesori Nascosti». Infine, presso la stessa casa editrice ma nella linea Tailormade, ha pubblicato Le Danzatrici della Villa dei Papiri (2015).
Paolo Giulierini, archeologo ed etruscologo. È attualmente direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In passato ha diretto il Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona.
João Vilela Geraldo, nato nel 1976 in Portogallo, un Paese che all’epoca si era appena lasciato alle spalle i colori grigi e deprimenti della dittatura e lentamente, molto lentamente, si stava avviando verso una piena democrazia, è stato abbastanza fortunato da avere dei genitori che sognavano in grande e che avevano la possibilità di viaggiare. Questa è stata, ed è tuttora, una delle sue cifre stilistiche. Tra la libertà esotica del Brasile e del Venezuela negli anni ’80, e l’atteggiamento intraprendente e pragmatico degli USA, dove ha sviluppato la sua mentalitàda adolescente, João finisce per studiare in Italia, poi nei Paesi Bassi e infine nel Regno Unito. Il suo primo lavoro, quasi inaspettatamente, lo porta a consolidare le sue “abilità” di giramondo occupandosi dello sviluppo del portfolio e della gestione di clienti prestigiosi per la compagnia aerea più importante al mondo, per poi passare all’aviazione privata, un settore in cui rimane fino a quando il suo spirito di avventura lo riporta in Brasile, in Argentina e in Sudafrica. Tornato in Europa per gestire “richieste impossibili”, realizza un progetto unico nel suo genere, Make it Happen, che lo impegna al Circolo polare artico e in Giappone, tra svariate notti insonni e problemi da risolvere. Successivamente si occupa di logistica e produzione per i fotografi più prestigiosi al mondo, quindi inizia a curare le sue prime mostre e progetti editoriali con illustratori, designer, architetti e altre figure creative. È socio fondatore di alcuni dei principali festival di design e fotografia europei e continua a viaggiare per il mondo con la stessa curiosità e la stessa impazienza che i suoi genitori trovavano leggermente difficile da gestire (e contrastare).
Davide Vargas è un “letterato architetto”. I suoi progetti sono incastonati in una terra che “offre continui spunti di dolore e amore”. Ma la difficoltà, si sa, è un’opportunità per disvelare e immettere semi di qualitànella realtà. La Casa per Studenti di Aversa e il Municipio di San Prisco sono stati al Padiglione Italia della Biennale di Architettura di Venezia nel 2010; l’Azienda Vinicola Sclavia al Padiglione Italia nel 2012; Casa F ha vinto il premio INARCH Campania nel 2015, la Casa a Righe ha la pelle solcata come le viti maritateche attraversano le campagne e l’opificio Nardi si colloca come un segnale nell’ambito industriale casertano. Pubblicato nel 2014 “Opere e Omissioni_Works and Omissions”, letteraVentidue, raccoglie il lavoro di trenta anni. Nel 2009 ha pubblicato “Racconti di qui”. E nel 2012 “Racconti di architettura” con lo stesso editore. “L’altra città” conclude la trilogia dei racconti parlanti. Nel 2010 /2011 ha collaborato con la Domus diretta da Alessandro Mendini. Dal 2017 scrive per la Repubblica Napoli un racconto con disegno sulla città in una rubrica settimanale che si chiama Narrazioni approfondendo la conoscenza de “L’altra città”.