Fernando Costa e Johan-Frederik Hel Guedj
Fernando Costa nasce a Sarlat, nella Dordogna ricca di alberi di noce. Due anni prima, i suoi erano arrivati in Francia a piedi da Porto (Portogallo) per fuggire dalla dittatura di Salazar. Suo padre era un abile tagliatore di pietra. Costa invece trasforma oggetti che tutti conosciamo: i cartelli stradali. Taglia i cartelli smaltati, ricompone i segnali, li traduce in segni, in poesie. Il risultato è sorprendente.
I suoi quadri, come ama definirli, sono di metallo. Alcuni sono figurativi, cugini della Pop Art, ma animati da una volontà narrativa e sensibile poiché mettono in scena personaggi e momenti tragici o comici che hanno toccato lo scultore nel corso della sua vita: Simone Veil, Robert Badinter, il ciclista Tom Simpson, i Beatles, Josephine Baker (la “Venere d’ebano” che ha vissuto in Dordogna, al Castello des Milandes, dal 1937 al 1969). Altri giocano con un’astrazione figlia dei cubisti e della musica meccanica di Edgar Varèse. Tutti testimoniano una libertà, un movimento, un’energia, un gioco fisico di colori primari. In formato tascabile o in trittici maestosi, le opere di Costa compiono qualcosa di molto prezioso: impregnano il metallo di emozioni.
Fernando Costa, 45 anni, vive e lavora nel Périgord, vicino a Sarlat. Artista autodidatta, il suo percorso artistico è stato alquanto atipico: nel 1991 è steward di bordo sulla Queen Elizabeth 2, nel 2015 gli viene dedicata una mostra a Biarritz. Dal 1998 raccoglie vecchi cartelli stradali, in Francia e non solo. Li ritaglia, li incide, li carteggia e ne ricompone le immagini saldando i diversi pezzi su grandi lastre di metallo, creando opere di grande originalità. Nel 2013 è il diciottesimo artista al mondo selezionato per l’Art Car della 24 ore di Le Mans, una consacrazione dopo Calder, Warhol, César, Arman e Jeff Koons.
Johan-Frédérik Hel Guedj, giornalista, ha pubblicato due romanzi (Le traitement des cendres, L’amour grave), una raccolta di novelle (De mon vivant), un racconto di un’esplorazione polare (Chercheurs d’éternité), un saggio su Orson Welles (La règle du faux). Parigino di nascita, vive a Bruxelles e scrive di arte contemporanea sulle pagine culturali del quotidiano “L’Echo/De Tijd”.