Art, symbole et sens
Questo libro offre uno sguardo approfondito sull’eredità artistica delle tre culture principali dello Zimbabwe: Shona, Ndebele e Tonga. Evidenzia come l’arte, nella storia dell’Africa, non sia mai separata dalla vita, ma resti uno strumento espressivo fondamentale integrato nella vita stessa, e quindi sia rintracciabile in oggetti rituali e quotidiani, nelle decorazioni di interni, nella moda, nei comportamenti personali e negli eventi condivisi.
L’arte funziona diversamente in questo contesto, poiché è il linguaggio del simbolo, un linguaggio che concilia l’interrelazione della psiche umana con gli altri e con l’universo stesso. Questo libro apre una finestra sul simbolismo africano e conferma che la mente, per natura, ragiona secondo due codici paralleli: il codice esterno della consapevolezza sensoriale e il codice interno della consapevolezza soggettiva.
E ricostruire le dinamiche del codice estetico dell’Africa sub-sahariana, diffuso in tutte le sue culture, significa considerare il simbolismo africano come un linguaggio parallelo di espressione filosofica. Ecco la storia di questo libro. Oltre duecento immagini di oggetti d’arte provenienti dallo Zimbabwe, scattate in un periodo di tempo in cui era ancora possibile reperirli facilmente, rivelano come l’arte si esprima in tutti gli aspetti della vita quotidiana come linguaggio di significato spirituale e culturale – un modo per garantire che questo significato non si è mai discostato dalla consapevolezza individuale.
La maggior parte delle fotografie sono state scattate nelle communal lands più remote, ossia nelle aree rurali “riservate” agli africani nell’età coloniale. È qui che il senso dell’identità, della cultura e della storia africana è sopravvissuto al colonialismo e agli effetti di una dittatura fortemente restrittiva. Le immagini risalgono per lo più al periodo compreso tra il 1998 e il 2015, quando Duncan Wylie, l’autore degli scatti, tornò nel suo Paese d’origine per intraprendere quello che lui stesso definisce “un lavoro di trasmissione e, per il mondo non-africano, un mezzo prezioso per apprezzare più profondamente le forme d’arte africane e le possibilità dell’arte in generale, un mondo che pochi hanno avuto l’occasione di esplorare”.
Lo Zimbabwe offre l’opportunità unica di guardare indietro a mille anni di simbolismo africano attraverso le rovine del Grande Zimbabwe. Questa città medievale costruita in pietra rivela un’architettura e uno stile tanto culturalmente caratterizzati quanto ricchi di simboli, dall’enigmatica torre conica di pietra e la massiccia cinta muraria, priva di funzioni difensive, agli “uccelli dello Zimbabwe”, anch’essi in pietra, un simbolo della nazione contemporanea. Le fotografie degli antichi uccelli in pietra (risalenti al periodo di maggiore splendore del Grande Zimbabwe, intorno alla metà del XIV secolo) fuori da un contesto museale, tra le rovine dove erano situati un tempo, sono una rappresentazione altamente simbolica. L’opera, con il suo connubio di immagini e testo, è il risultato della collaborazione fra l’artista, che ha scattato le foto nell’arco di diciassette anni di lavoro, e l’autrice dei testi, che ha iniziato a occuparsi dell’arte dello Zimbabwe e dell’Africa sub-sahariana negli anni Ottanta in qualità di curatrice della Galleria nazionale dello Zimbabwe. Ma l’elogio più grande va alle comunità stesse, ai soggetti di queste immagini, poiché senza l’appassionata dedizione a un progetto che mira a conservare le tracce di una cultura che va sparendo sempre più rapidamente, questo volume non avrebbe mai potuto vedere la luce.
Duncan Wylie è nato a Harare, Zimbabwe, nel 1975. Naturalizzato francese nel 2005, oggi vive e lavora tra Londra e Parigi. Dopo gli studi presso l’ENSBA, la Scuola nazionale superiore di Belle arti di Parigi, Wylie ha scelto di dedicarsi alle arti visive. Le sue opere sono state esposte in numerose istituzioni pubbliche e private in Africa e all’estero, e appaiono nel catalogo delle collezioni permanenti del Louvre Abu Dhabi, del Musée de Grenoble, del MUDAM in Lussemburgo, e del CNAP e del FRAC in Francia. Wylie ha inoltre esposto nei seguenti musei: il Musée de Grenoble, il Museum of Modern Art di New York, il Palais de Tokyo di Parigi, la Galleria nazionale dello Zimbabwe, lo Zeitz MOCAA di Città del Capo e il Louvre Abu Dhabi.
Gillian Atherstone, nata a Harare, Zimbabwe, nel 1948, ha conseguito una laurea in Belle arti e filosofia presso la University of Kwa Zulu-Natal, in Sudafrica. Ha iniziato la sua carriera come project manager e successivamente curatrice della Galleria nazionale dello Zimbabwe negli anni Ottanta, dove ha dato vita e sviluppato la collezione permanente di forme artistiche tradizionali dello Zimbabwe. Tra gli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila Atherstone è stata proprietaria e direttrice di gallerie private di arte africana a Harare, un incarico che l’ha portata a viaggiare in tutta l’Africa sub-sahariana per raccogliere opere d’arte. Nel 2007 ha fondato un’organizzazione non-profit, communities-can-do-it.com, che si occupa delle comunità emarginate dello Zimbabwe. Nel 2019 ha raggiunto i suoi due figli nel Regno Unito.