Galleria delle arti
Aldo Galli
Antonio (1431/32-1498) e Piero (1441/42 – dopo il 1485) del Pollaiolo hanno sempre goduto di buona notorietàe occupano un posto di rilievo in ogni testo che tratti della Firenze artistica all’epoca di Lorenzo il Magnifico, insieme con Verrocchio, Botticelli e Ghirlandaio.Tuttavia l’immagine che si ha oggi di questi due artisti audaci, figli di un venditore di polli al vecchio mercato di Firenze, è un po’ imprecisa.
Generalmente Piero, di dieci anni più giovane del fratello, è considerato unicamente come l’assistente di Antonio, un semplice collaboratore di quest’artista dai molteplici interessi che eccelleràin diverse discipline come la pittura, la scultura, l’arte orafa e l’architettura. Il parere, che risale a Vasari e non trova corrispondenza nella stima di cui entrambi godevano presso i contemporanei, merita di essere rivisto. La quasi totale scomparsa di decine di orecchini e collane, ciotole e tazze, candelabri, croci, turiboli, calici e reliquiari in oro, argento, smalti e pietre preziose realizzati da Antonio è nociuta al suo grande talento. Questi oggetti sono ben documentati ma tutti prima o poi sono stati fusi per riciclarne i materiali pregiati (un destino comune a molti degli antichi oggetti dell’arte orafa).
La fantasia visionaria e drammatica di chi fu celebrato con orgoglio dalla Signoria di Firenze, all’annuncio della sua morte, in questi termini: “nostro cittadino, famoso scultore senza pari nella sua arte” è evidenziata in particolare dalle due tombe in bronzo dei papi Sisto IV e Innocenzo VIII a San Pietro e da un ammirevole insieme di disegni. Sui fogli autografi, il tratto infallibile di Antonio, preciso come un bisturi, ha dato alla luce una favolosa razza di eroi dai corpi inimmaginabili, con gabbie toraciche dilatate all’estremo, gambe e braccia di una magrezza sottile ed elastica: gladiatori, arcieri, ercoli, martiri. I due monumenti funerari del Vaticano, che abbagliarono i contemporanei, costituiscono l’apice della carriera di Antonio, in particolare quello di Sisto IV, dalla forma inedita. Il grande catafalco di bronzo, carico di rappresentazioni allegoriche, era destinato alla preziosa cappella che il papa fece realizzare nel corso della sua vita, arricchita da antiche colonne in porfido e affreschi del Perugino. Non è sorprendente che un tale capolavoro, una tale magniloquenza celebrativa sia stata voluta dal potente nipote del papa defunto, Giuliano Della Rovere, che una volta salito al soglio pontificio con il nome di Giulio II commissionò a Michelangelo una tomba di una magnificenza ancora più visionaria.
Aldo Galli è professore presso le Universitàdi Siena e L’Aquila. S’interessa principalmente alla pittura e alla scultura del Quattrocento italiano e ha scritto su questo tema articoli e saggi in opere collettive (tra cui La bottega dell’artista tra Medioevo e Rinascimento, Milano 1998). Inoltre ha collaborato alla realizzazione di numerose mostre, fra le quali «Masaccio e le origini del Rinascimento» (San Giovanni Valdarno 2002) e «Duccio» (Siena 2003-2004).