D'un art, l'autre
Philippe Chabert
Testimonianze di Jean-Marie Lhôte e Jacqueline Humbert
Disegnare, dipingere, collezionare per Raymond Humbert era una respirazione necessaria.
Disegnare, dipingere, collezionare: Raymond Humbert ne sente il bisogno molto presto. Lascia la nativa Lorena per Parigi. Entra agli Arts Décoratifs e in seguito ai Beaux-Arts. Nel 1958 vince il Premier Grand Prix di Roma, ma non è nelle sue prime opere che bisogna cercare il vero Raymond Humbert. A Laduz, in Yonne, si stabilisce con la famiglia nel 1969 spostandosi regolarmente verso la costa rocciosa di Porspoder: la natura diventa il suo soggetto preferito. Da allora fino al 1990 pratica la sua arte quasi nell’anonimato.
La sua pittura era una respirazione necessaria, nel giardino di Laduz o sul greto ventoso di Porspoder. Humbert ha progressivamente abbandonato l’“intimità ” dei suoi primi studi, in cui usava una tavolozza garbata che evoca Vuillard, Bonnard e persino Braque, per diventare tutt’uno con la natura, non per rappresentarla ma per sentirla, secondo le stagioni, mescolando grafica vigorosa e scoppi di colori.
Humbert aveva anche il culto dell’oggetto. La sua presenza gli era necessaria. Ne cercava l’origine e in tal modo s’interessava alla storia del genere umano. Il “collezionista” insaziabile non cessava di creare il suo museo, quello delle Arts Populaires de Laduz. Il collezionista amava l’accumulazione, il pittore la favorì con la preoccupazione, forse, di dire tutto, finché era ancora in tempo, di coprire e riempire grandi formati di una scrittura quasi medianica — Laduz nella sua vitalitàorganica, nella sua linfa — Porspoder, natura marina mutevole e in seguito sottomessa a una rigorosa stilizzazione attraverso il bianco e nero.
Negli ultimi lavori torneràalle nature morte e a temi ripetitivi e ossessivi.